
«Le frizioni interne a Forza Italia non aiutano il partito. Ora è il momento di mettere da parte i nomi e lavorare alla più ampia condivisione possibile. Io defenestrato? Allontanare da funzioni dirigenziali chi ha un pensiero diverso non è certo il modo migliore per far crescere il partito e il suo appeal elettorale». Lazzaro Iandolo, ex consigliere comunale di Forza Italia e, fino a qualche giorno fa, coordinatore provinciale dell’area giovanile del partito, a tutto campo sui dissidi interni al mondo del centrodestra, sul ruolo della Lega e sulla spaccatura interna agli azzurri.
Cosa sta accadendo nel centrodestra campano, la candidatura di Caldoro in quota Forza Italia scricchiola sotto la volontà della Lega di esprimere il candidato governatore?
«Si registra un ritardo oggettivo rispetto ad una sintesi su coalizione e candidatura apicale, mentre, dall’altra parte, c’è De Luca che gode di una sovraesposizione mediatica innegabile e questo chiaramente non giova al centrodestra che ancora non si è chiarito le idee sul da farsi. Un gap che dobbiamo recuperare al più presto. E’ chiaro però che nel momento in cui si va a costruire una coalizione il candidato apicale debba essere espressione dei più, altrimenti come si fa a convincere gli elettori. Se si decide di andare all’unisono su un nome, la scelta deve essere il più possibile condivisa. Più che rincorrerci nell’imputare le colpe e i ritardi bisognerebbe invece lavorare per trovare le ragioni di una convergenza e restare uniti. Legarsi al nome è controproducente, bisogna invece capire cosa si vuol fare e con quale programma, idee e proposte per la Campania».
Si potrebbe arrivare ad una rottura definitiva del centrodestra campano?
«Non credo perché rompere l’alleanza sul nome del candidato Governatore, significherebbe riconsegnare la Campania nelle mani di De Luca. Questo non giova a nessuna delle forze del centrodestra. Ci sono accordi precisi, che riguardano anche le altre regioni al voto: in Campania il candidato presidente spettava e spetta a Forza Italia. Si vota anche in Puglia, Marche, Veneto, Liguria e Toscana rompere in una regione, pregiudicherebbe l’alleanza anche altrove. Ci sono tutte le condizioni per vincere, quindi non bisogna sprecarla».
Il nome che Forza Italia esprime per la Campania è ancora quello di Stefano Caldoro?
«Non appartengo ai tavoli nazionali in cui si decide, quindi non posso rispondere a questa domanda. Resto però convinto che il nome migliore è quello che ci permette di aggregare non solo il centrodestra ma anche gruppi civici attivi in Campania. Certamente Caldoro è persona autorevole che ha già dimostrato di avere capacità amministrative, ma non sta a me decidere. Inutile nascondere quello che è evidente, e cioè che sul suo nome non tutti sono d’accordo. Quindi, al netto di chi sarà il candidato Governatore, la bussola da seguire dovrebbe essere, a mio modesto parere, quella della condivisione più ampia possibile».
Forza Italia in Campania paga le continue frizioni interne che, pochi giorni fa, hanno visto anche la sua defenestrazione da coordinatore dell’area giovanile provinciale da parte del commissario Martusciello?
«Certamente sì, ma anche su questo non facciamo una questione di nomi. Chiediamoci quali sono oggi le proposte di Forza Italia e lavoriamo su quelle. E’ chiaro che le frizioni interne non giovano. Allontanare da funzioni dirigenziali chi ha un pensiero diverso non è certo il modo migliore per far crescere il partito e il suo appeal elettorale. L’essenza della politica, almeno per come la intendo io, dovrebbe essere quella di ascoltare i territori, di non calare decisioni dall’alto soprattutto alla vigilia di elezioni amministrative quali sono le regionali. Le candidature, le idee, i programmi dovrebbero arrivare dal basso, da chi conosce i territori e le loro problematiche. Poi vedremo i risultati e capiremo se eventuali candidature calate dall’alto avranno o meno senso. Ormai manca poco, si dovrebbe votare il 20 e 21 settembre. Il 22 tireremo le somme e capiremo se le scelte della classe dirigente siano state o meno vincenti».
In questo scenario non certo stabile, Lei potrebbe essere tra i candidati?
«Alle condizioni date, al momento è presto per parlare di candidature viste le tante indecisioni che ancora riguardano la coalizione e il candidato presidente».
Cosa pensa dei movimenti in atto a centro come la reunion di De Mita, Pomicino e Mastella a sostegno di De Luca?
«In tempi recenti la maggiore esposizione del centro si è avuta con Monti quando ha recuperato il 10% dei consensi, o con Casini nel 2008 che raggiunse l’8%. Credo che non esista un centro come area politica, ma come insieme di principi e di valori. Il centro di per sé non è può essere una forza dominante, deve per forza collocarsi o nel centrodestra o nel centrosinistra e può diventare determinante per la vittoria dei due maggiori schieramenti in campo tra centrodestra e centrosinistra. Alle regionali d’altronde vince chi prende un voto in più. Al netto di Mastella, i centristi campani si sono sempre quasi sempre visti nel centro sinistra. Ma il punto è sempre lo stesso: si ragiona sui nomi mentre la storia politica del Paese è cambiata e l’ascesa dei Cinque Stelle e della Lega lo dimostra. Ormai c’è un rapporto diretto tra programmi ed elettori che salta il passaggio di intermediazione della vecchia classe dirigente. Per questo dico che prima dei nomi vengono i progetti politici».
