Rottura del menisco: quando non bisogna operare

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Non tutte le lesioni del menisco sono da operare. L’ortopedico spiega quali sono i problemi che non richiedono l’intervento chirurgico. Leggi qui

Quella del menisco è la più comune lesione del ginocchio, che può avvenire in seguito a distorsioni o traumi di varia origine (per esempio, di tipo sportivo) oppure come conseguenza di un’usura degenerativa, frequente dopo i 50-55 anni e causata da microtraumi ripetuti nel tempo. Tra i falsi miti che ruotano intorno alla rottura del menisco, ce n’è uno particolarmente diffuso: un menisco rotto va sempre operato.

Ma è davvero così? «No, non tutte le lesioni meniscali vanno trattate chirurgicamente», spiega il dottor Gianmarco Regazzola, chirurgo ortopedico all’Istituto Clinico Sant’Anna di Brescia e all’Ospedale P. Pederzoli di Peschiera del Garda. «A grandi linee, non vanno operate le lesioni degenerative, mentre la chirurgia trova utilità in quelle traumatiche».

Cos’è il menisco

Ogni ginocchio è dotato di due menischi, uno nella parte esterna (menisco laterale) e uno nella parte interna (menisco mediale): il primo ha un aspetto circolare, simile a una O, mentre il secondo ricorda una mezza luna.

«Entrambi funzionano come dei “cuscinetti ammortizzatori”, che facilitano i movimenti e stabilizzano l’articolazione, per cui una loro lesione provoca dolore, gonfiore e, talvolta, la sensazione che il ginocchio stia cedendo», descrive il dottor Regazzola.

Rottura del menisco: quando non bisogna operare

Da 45-50 anni di età fino a 60-65 anni, può accadere di accusare dolore in un certo compartimento del ginocchio (solitamente quello interno) per un periodo di tempo variabile, in genere da 1 a 3 mesi.

«Ad aumentare il rischio sono gli interventi pregressi al ginocchio, i traumi locali, le distorsioni e le deviazioni assiali, come il ginocchio varo o valgo», evidenzia l’esperto. «In queste lesioni di natura degenerativa è presente un’infiammazione interna al ginocchio, talvolta accompagnata da un sovraccarico meccanico a livello dell’articolazione. Di conseguenza, il paziente inizia ad avvertire dolore, zoppica, non riesce più ad accovacciarsi a terra oppure a svolgere i soliti esercizi in palestra. In alcuni casi può comparire anche gonfiore locale, che aumenta ulteriormente il disagio».

Eccetto in rari casi, queste lesioni sono autolimitanti, cioè vanno incontro a un miglioramento spontaneo. «Generalmente qui non si opera: a due anni di distanza da un eventuale intervento, infatti, i risultati sono identici a quelli ottenuti con fisioterapia e terapie fisiche», tiene a precisare il dottor Regazzola.


Rottura del menisco: quando bisogna operare

Al contrario, l’intervento chirurgico è conveniente quando il problema non si localizza all’interno del menisco, ma ci sono frammenti o lesioni che determinano una sintomatologia meccanica: in altre parole, oltre a un dolore trafittivo, il paziente ha anche la sensazione che il ginocchio fatichi a muoversi in libertà e lo sente bloccato.

«Alla risonanza magnetica, queste lesioni meniscali si riconoscono perché non sono “orizzontali” come nelle forme degenerative, ma interessano la superficie esterna del menisco», spiega Regazzola.

Questo può configurarsi in una lesione a flap o a becco di pappagallo (c’è il distacco di una piccola porzione del menisco che, però, resta ancora attaccato al resto dell’articolazione), complessa (tipica del menisco degenerato che si rompe definitivamente), a manico di secchio (con rottura verticale oppure obliqua, che spesso determina anche un blocco dell’articolazione).


Conta anche l’età

Nella maggior parte dei casi, queste lesioni derivano da un evento traumatico, come una brusca accovacciata per raccogliere qualcosa da terra o una distorsione praticando sport.

«Se il danno può essere riparato, fino a 50-55 anni si ricorre alla chirurgia per salvare il menisco», spiega l’esperto. «Non a caso, “Save the Meniscus” è diventato lo slogan dei congressi di settore: sappiamo infatti che, sacrificandolo, nell’arco di 15-20 anni quel compartimento del ginocchio andrà facilmente incontro ad artrosi e potrebbe richiedere l’impianto di una protesi».

Da 55 anni in poi, invece, è necessario effettuare una serie di valutazioni prima di arrivare alla sala operatoria: se il ginocchio ha una buona attività funzionale, è giusto trattarlo chirurgicamente; se invece sono già presenti dei segni di artrosi, operare è del tutto inutile, per cui bisogna optare per un trattamento conservativo.

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