Rubrica la poesia del giorno. Estratto da “Amorosa” di Cataldo Dino Meo

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Per Antonia Pozzi

 

Sarei uno sciagurato se ignorassi

le fenditure provocate

dall’animo umano che s’addolora

quando non può essere

divinizzato,

e si ritira dietro le Ali degli Angeli

e degli afflati imprendibili.

 

Un giorno di dicembre ti vidi sdraiata

placidamente sui gelidi steli d’erba

davanti l’Abbazia.

Compresi che sarei stato tuo per sempre

anche se non mi avresti mai baciato.

 

Tremo ogni giorno qualvolta ti guardo

passare per le strade della Milano

degli anni Trenta.

La tua carne trasognata

sovraccarica

i recettori subliminali,

seduce la persistenza del Tempo.

Hai nel petto l’Agorà cosmico,

raduni faville di zaffiri

nel Giardino

dei Sigilli di Maggio.

 

Ho soggezione di te come di fronte

alla Montagna Immolata 

e all’irradiazione percepita in territori

senza mappe.

Sei fioritura dei ciliegi,

portatrice del Mattino Silente,

sei retaggio d’infinitezza,

guardi la frotta

di Ninfe marine, fai eco alle minuziose vibrazioni connesse,

tracciabili,

tra ululati di Iene e Canto del cuore sgretolato.

 

Nasci fanciulla,

tramutata dagli dèi in maschio

e reso invulnerabile.

Sotterrato da una gragnola

di tronchi d’albero

nel corso di un’imboscata tesa

dai tuoi nemici incapaci

di catturarti, ti libri in volo

ritornando portentosa

femmina

di Astore del Nord.

 

“Amorosa” di Cataldo Dino Meo – Video ALOK Milano



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