se il desiderio di cibo è incontrollabile

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È una sindrome genetica rara causata da un difetto del cromosoma 15. Colpisce un bambino ogni 10.000-30.000 nati. Non esiste prevenzione, ma con un approccio multidisciplinare e la terapia ormonale precoce si può migliorare la qualità di vita

Hanno un desiderio irrefrenabile di cibo, che diventa una vera e propria ossessione. «Sono come una macchina sempre in riserva», dice Alberto Vezzoli, presidente dell’associazione Prader-Willi Lombardia e papà di Filippo 28 anni. «La cosa peggiore è che sono consapevoli ma non riescono a rinunciare al cibo anche a costo di raccoglierlo per strada o rubarlo».

Sono i ragazzi affetti dalla sindrome di Prader-Willi, una malattia genetica rara causata da un difetto del cromosoma 15 che solitamente  colpisce il singolo individuo e solo raramente si trasmette per via ereditaria. «Interessa un bambino ogni 10-30 mila nati senza distinzione tra maschi e femmine», spiega Graziano Grugni, endocrinologo dell’Unità Operativa di Auxologia, Centro di riferimento nazionale della sindrome Prader-Willi presso Auxologico Piancavallo, uno dei 25 centri italiani. «È una patologia che si presenta sin dai primi giorni di vita con una ipotonia muscolare molto grave che colpisce svariati organi ed apparati».

Sindrome di Prader Willi, primi sintomi e test genetico

Una marcata riduzione del tono muscolare (ipotonia) che interessa oltre il 98% dei casi è dunque il primo campanello di allarme della Sindrome di Prader-Willi, in particolare quando è preceduta da una scarsità di movimenti fetali durante la gravidanza.

«La diagnosi precoce è fondamentale e può essere fatta anche in epoca prenatale», fa notare lo specialista. «In presenza di segni e sintomi sospetti, perciò, si deve procedere con l’analisi genetica, mediante un semplice prelievo di sangue. Se le analisi confermano la sindrome di Prader-Willi, la presa in carico del neonato deve essere immediata per impostare la più efficace terapia e assicurare una migliore prognosi futura».

Sindrome di Prader Willi: due fasi della malattia

I dati del registro nazionale dicono che esiste una prevalenza nel sesso femminile (54%) rispetto il 46% dei maschi.

«L’andamento della malattia è tipicamente riconducibile a due fasi», si sofferma Grugni nell’analisi. «La prima riguarda il periodo neonatale e della primissima infanzia dove il bambino, a causa della ipotonia muscolare, ha difficoltà di accrescimento ed è necessario utilizzare per la sua alimentazione tettarelle speciali oppure il sondino naso gastrico per la sua alimentazione. La fase successiva, invece, da uno a cinque-sei anni di età, è caratterizzata da un aumento patologico dell’appetito (iperfagia) causato da una mancanza del senso di sazietà a livello dell’ipotalamo». Una condizione che tende a peggiorare con l’adolescenza.

Prima regola: istruire i genitori

La probabilità di sviluppare una grave forma di obesità perciò è molto alta. Ne consegue il rischio di complicanze di natura cardiorespiratoria (apnee notturne, insufficienza respiratoria, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco), di natura metabolica come il diabete, di natura epatica e osteoarticolare.

«Per evitare ciò è fondamentale una presa in carico multidisciplinare», puntualizza l’endocrinologo. «Il pediatra deve educare i genitori affinché il gusto non diventi un momento di gratificazione e non vengano attivati precocemente i circuiti neuronali legati al piacere del cibo. Il dietologo deve regolare al meglio gli apporti calorici, che dovranno essere sempre più bassi della media. Lo psicologo e il neuropsichiatra dovranno occuparsi invece del deficit cognitivo e delle turbe comportamentali che interessano la grande maggioranza dei ragazzi con sindrome Prader-Willi e che possono limitare le relazioni sociali e una vita indipendente».

Terapia ormonale precoce

«I bambini con Prader-Willi hanno un deficit di crescita staturale, accompagnato da piedi e mani piccole (acromicria) e una conformazione particolare del viso con fronte stretta, strabismo, occhi a mandorla e labbra sottili», sottolinea Grugni. «Ottimi risultati si ottengono grazie alla terapia precoce con l’ormone della crescita (GH) che permette una crescita staturale adeguata, un miglioramento della composizione corporea con una maggiore massa magra, la normalizzazione del viso e dell’acromicria e uno sviluppo cognitivo migliore. Il consiglio è di iniziare tra i 6 e i 12 mesi e proseguire fino all’età adulta».

Da grandi è possibile che questi pazienti abbiano diverse comorbidità, tra cui la presenza di ipotiroidismo, ridotto sviluppo sessuale, sindrome delle apnee notturne, diabete mellito con necessità di terapia insulinica. In presenza di grave scoliosi può rendersi necessario un intervento chirurgico per correggerla. L’aspettativa di vita in ogni caso sta aumentando. «Se un tempo si arrivava a 30-40 anni oggi abbiamo pazienti di oltre 60 anni. Questo significa che le terapie funzionano».

A Como la casa sul lago

A funzionare è anche l’alleanza tra genitori e medici che da tempo lavorano insieme per il bene dei ragazzi con la sindrome Prader Willi. «L’idea del registro nazionale è la conferma di questa sinergia», spiega ancora Alberto Vezzoli. «Il ruolo dell’Associazione Prader-Willi Lombardia ODV,nata 30 anni fa, è di dare risposte alle famiglie che si trovano ad affrontare un dramma come questo. La collaborazione tra medici e familiari è totale. Ma le criticità presenti nel sistema sono ancora evidenti: mancano strutture adeguate ad accogliere i bambini e gli adulti con questa sindrome».

Per questo l’ associazione Prader-Willi Lombardia ha lanciato una raccolta fondi, ha acquistato una proprietà immobiliare in provincia di Como, ad Asso, e con l’aiuto di genitori e volontari ha dato vita alla casa sul lago. «Tre strutture con un grande giardino per creare occasioni di socializzazione e permettere ai nostri figli di uscire dall’isolamento forzato a cui spesso sono costretti», conclude Vezzoli. 

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