«Sei tutti i limiti che superi»

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30 anni, per la quarta volta campionessa italiana di rally femminile, Rachele è nata con la fibrosi cistica. La sua missione: supportare la ricerca e la lotta a questa patologia. Il suo progetto e il suo libro solidale si intitolano “Correre per un Respiro”





di Manuela Porta

“Sei tutti i limiti che superi”: questo è il motto di Rachele Somaschini, 30 anni, pilota appena laureatasi campionessa italiana di rally femminile, per la quarta volta nella sua carriera.

Tanto coraggio e perseveranza per un’impresa straordinaria, se si pensa che Rachele è nata con la fibrosi cistica, una malattia genetica grave che altera le secrezioni di molti organi, soprattutto bronchi e polmoni, contribuendo al loro deterioramento e a generare infezioni e insufficienza respiratoria.

L’aspettativa di vita ora, grazie alla ricerca, supera i 40 anni, con previsioni in continuo miglioramento. Supportare la ricerca e la lotta a questa patologia è per Rachele una vera e propria missione. Nel 2016 ha dato vita al progetto charity #CorrerePerUnRespiro per raccogliere fondi a favore della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, presieduta da Matteo Marzotto, di cui è testimonial. L’iniziativa, anche grazie al supporto di molti volontari, ha raccolto oltre 450mila euro di donazioni, che hanno permesso di sostenere avanzati progetti di ricerca sulla malattia che a oggi non ha ancora una cura risolutiva. Il tutto è diventato anche un libro solidale, Correre per un Respiro, pubblicato nel 2023 da Baldini & Castoldi.

Rachele, quanto è stato duro arrivare a questa vittoria?

L’anno scorso è stato un anno molto difficile, ho passato 50 giorni ricoverata per trovare una cura adatta a debellare un batterio che inizialmente mi stava rovinando definitivamente i polmoni, una cura che sto tuttora facendo perché dura 18 mesi. Include l’assunzione di diversi antibiotici contemporaneamente e non sapevo come avrei retto fisicamente, né quello che sarei stata in grado di fare, in caso di effetti collaterali. La cura è stata per fortuna efficace, ma ho scelto di correre prevalentemente in Italia per essere più vicina in caso di complicazioni.

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Quale è stata la paura più grande?

La cura mi terrorizzava, ma per fortuna l’ho assorbita piuttosto bene. Già a maggio il batterio non era più presente, ma la terapia va continuata, con una decina di pastiglie al giorno oltre alla routine farmacologica abituale. Queste cure dovevo assumerle anche in gara ma non ho mai mollato e non ho preso l’anno sabatico come temevo di dover fare a causa delle terapie. L’aderenza alle cure è fondamentale, ma a volte non è abbastanza, perché la situazione può peggiorare in un attimo.

Ma correre resta per me una missione irrinunciabile: A #CorrerePerUnRespiro sta rispondendo tanta solidarietà e supporto dalle persone e ultimamente riusciamo a raccogliere circa duemila euro di donazioni a ogni gara. E questa è la soddisfazione più grande: abbiamo lavorato tanto per la sensibilizzazione ed evidentemente con entusiasmo e positività contagiosi.

300994Il test del portatore sano FC segna un passo importante nella prevenzione alla fibrosi cistica?

È uno strumento super efficace per avere una gravidanza consapevole, che va divulgato, soprattutto perché si diffonda in tutte le strutture e diventi più accessibile in modo da non risultare così dispendioso. Per ora è gratuito solo in Veneto, regione in cui è nata, e ha sede la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, ma si spera si diffonda in tutte le altre regioni. In Lombardia esiste qualche centro, ma sul territorio nazionale ancora pochi. Ecco perché è importante, anche per raggiungere questi obiettivi sociali, raccogliere sempre più fondi.

Quest’anno #CorrerePerUnRespiro ha finanziato due progetti importanti, uno sul microbatterio che è quello contro cui anch’io sto combattendo, e uno sul test del portatore sano FC.

Sensibilizzare le persone al test rappresenta un passo importante, quindi?

Assolutamente sì, sensibilizzare è fondamentale. Sono circondata da amici e conoscenti che decidono di creare una famiglia e non posso non pensare alla diagnosi di fibrosi cistica che consegnarono ai miei genitori 29 anni fa, all’aspettativa di vita bassissima che mi diedero, al dolore che provarono i miei. Ho il dovere morale ora di sensibilizzare le persone che scelgono di avere un figlio circa il test del portatore sano e ho pensato che, per questo e per chi deve affrontare la patologia, il mio libro potesse diventare uno strumento utile.

La Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica ha avviato una Campagna di sensibilizzazione, “1 su 30 e non lo sai’” che mira a fornire alla popolazione informazioni utili proprio sul test del portatore sano FC. Tra gli obiettivi vi è anche quello di giungere all’erogazione gratuita del test per le donne di età compresa tra i 18 e 50 anni, in convenzione in tutte le regioni d’Italia partendo da alcune regioni pilota. È giusto che ogni persona con il desiderio di creare una famiglia abbia la possibilità di prendere una decisione con la piena consapevolezza delle implicazioni.

Chi nasce con la fibrosi cistica ha ereditato dal padre e dalla madre una copia del gene mutato. Entrambi i genitori sono portatori sani, quasi sempre senza saperlo (senza sintomi e non malati), di una copia mutata di tale gene. In Italia c’è un portatore sano di fibrosi cistica ogni 30 persone circa e una coppia composta da due portatori sani, a ogni gravidanza, ha 1 probabilità su 4 di avere un figlio malato.

















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