sì a un consiglio pubblico. La crisi non è finita, pronti a ristrutturare l’Alto Calore. Ma i sindaci non ci sono – Corriere dell’Irpinia

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“Chiediamo che l’acqua resti un bene comune e non sia privatizzata né nella proprietà, né nella gestione”. Lo grida con forza il vescovo della diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi Pasquale Cascio, nel corso del confronto “L’acqua siamo noi” promosso da Legambiente, Arci e Libera. Un incontro tenutosi questa mattina, al Polo dei giovani, per lanciare la proposta di un consiglio pubblico dell’Acqua come strumento per dialogare con le istituzioni e favorire la partecipazione dei cittadini. “L’acqua è un dono – prosegue Cascio –  e, in quanto principio di vita, indispensabile per tutti, è un diritto. Abbiamo compiuto molti passi in avanti nella possibilità di beneficiare di questo diritto. La rete idrica è espressione del principio di uguaglianza, una prova dello sforzo dello Stato di garantire questo diritto a tutti e va apprezzato lo sforzo di ampliarla perché sia all’altezza del proprio compito. E’ evidente che il livello di civiltà di uno Stato si misura anche dalla capacità di garantire a tutti la possibilità di accedere alla risorsa acqua. I cittadini chiedono con forza che la gestione di questo bene resti pubblica per tutelare questo diritto. Ma è importante che i diritti si incrocino sempre con i doveri, così come è fondamentale distinguere una legge sbagliata dal suo malfunzionamento. Siamo chiamati a costruire una macchina amministrativa che consenta di beneficiare di questo diritto e che questa macchina non diventi un carrozzone”. In una sala, nella quale ad essere assenti sono proprio i sindaci, sono Davide Perrotta di Libera, Stefano Iannillo di Arci e Antonio Di Gisi di Legambiente, introdotti da Maria Laura Amendola, a illustrare i termini della proposta nel corso di un incontro introdotto dal ricordo di don Enzo De Stefano.

Iannillo pone l’accento sul rischio di speculazioni legate all’acqua, soprattutto in un momento in cui comincia a scarseggiare, a causa della crisi climatica e delle responsabilità dell’uomo, determinate da sprechi e mancata manutenzione. “Vogliamo ribadire – spiega Iannillo – che l’acqua non è una merce. Siamo pronti a difendere la gestione pubblica ma non abbiamo paura di ribadire che per decenni non ha funzionato e che diciamo no alla logica delle clientele e del profitto. Riteniamo che l’ente debba essere salvato e debba essere portato fuori dal concordato ma riteniamo ci sia bisogno di un piano economico per la gestione dell’acqua, di un piano di riduzione dell’uso delle sorgenti e di un piano straordinario di rifacimento delle reti idriche. Crediamo che sia possibile salvare la risorsa e che quando si parla di pubblico si debba parlare di proprietà e gestione. Ecco perchè chiediamo l’istituzione  di un consiglio pubblico dell’acqua che possa esercitare una funzione di controllo e monitoraggio, anche ad esempio, offrendo chiarimenti sulla logica nella scelta delle interruzioni. Siamo convinti possano esistere nuove forme di pubblico in cui i cittadini non siano solo clienti che pagano le bollette ma possano far sentire la loro voce, nel rispetto dei ruoli”. Davide Perrotta di Libera sottolinea l’importanza di un organismo che riunisca associazioni, comitati, rappresentanti dei Comuni e dell’ente gestore e consenta di comprendere le criticità, la distribuzione dei fondi, di accedere ai dati “uno spazio di confronto che è l’essenza della democrazia”.

E’ il vescovo Arturo Aiello a ribadire la necessità di “promuovere tutto ciò che favorisce la vita. L’acqua non è solo H₂O, ma rappresenta la possibilità di vivere in modo dignitoso. Ecco perché non può essere manomessa e noi abbiamo il dovere della custodia. Il problema della siccità riveste oggi un ruolo centrale, non riguarda soltanto la nostra terra, ma l’intera nazione. Di qui l’importanza di individuare strumenti adeguati per una gestione più intelligente delle risorse idriche”. Ricorda come non spetti alla chiesa indicare le responsabilità  ma evidenzia come “la nostra è una terra ricca: le sorgenti di Serino forniscono acqua a nove milioni di abitanti in Italia. Eppure, da una condizione di abbondanza, rischiamo di scivolare in una situazione di povertà. Sono queste le contraddizioni che ci troviamo ad affrontare”. Cita Vasco Rossi “Guarda come fuori piove”, a sottolineare l’alto tasso di piovosità di Avellino e ricorda come “i nostri padri usavano il sistema dei pozzi per raccogliere l’acqua, forse potremmo ripartire da lì per usi come quello agricolo”. Spiega come “tutto dipende dall’efficacia delle mediazioni tra uomini, gruppi, associazioni e, talvolta, ideologie. Da quando sono qui, non ho mai visto una gestione tranquilla dell’acqua e dell’Alto Calore in Irpinia. Speriamo che arrivi, finalmente, un tempo di bonaccia.”

Il vescovo di Ariano Sergio Melillo si sofferma sui fattori alla base dell’emergenza idrica, dal cambiamento climatico ad un “servizio che spesso non è all’altezza dei bisogni del territorio. E’ chiaro che non basta analizzare i problemi, occorre trovare soluzioni concrete. Una di queste potrebbe essere, al di là del rifacimento delle infrastrutture idriche, spesso considerato un’utopia per i costi, l’applicazione di sistemi basati sull’intelligenza artificiale per il monitoraggio e il controllo delle perdite prima che si verifichino. Potrebbe essere un primo tentativo di affrontare un problema storico in un territorio ricco d’acqua, poiché il futuro è strettamente legato alla gestione delle risorse idriche”.

Non ha dubbi Melillo “Nel panorama globale del futuro, le possibili difficoltà e i conflitti nasceranno proprio dalla gestione e dal controllo dell’acqua. Un’altra questione fondamentale è evitare la privatizzazione di questa risorsa, che rappresenta una vera e propria fonte energetica e, in quanto bene comune, non può essere lasciata nelle mani di pochi. Un principio ribadito da Papa Francesco, sia nella Laudato Si’ che nella Laudate Deum. Esiste una sensibilità diffusa su questo tema, rilanciata dal basso, che riguarda sia le difficoltà mondiali che quelle del nostro territorio, ricco di risorse idriche ma bisognoso di una gestione efficiente”. E sulla difficile condizione che vivono territori come Ariano “Conosco questa realtà da vicino. Rispondo con un’osservazione ironica: Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata. E’ evidente che, al di là dei confronti, bisogna prendere decisioni concrete e praticabili, tenendo conto delle risorse economiche limitate, ma anche delle molte risorse umane capaci di affrontare la questione e proporre soluzioni. Non sono un esperto di economia, ma forse nel PNRR si sarebbe potuto inserire qualcosa di più per la gestione idrica. Può darsi che non abbia conoscenze approfondite in materia, ma credo che sia necessario un impegno serio da parte della politica. Un impegno che deve coinvolgere anche enti come l’Alto Calore, nato in un contesto storico preciso con l’obiettivo fondamentale della gestione delle risorse idriche. Tuttavia, nel tempo si è disperso in divisioni e inefficienze, portandoci all’attuale situazione critica, che riguarda tutti noi come cittadini e abitanti di questi territori”. Sottolinea la necessità di tornare all’umano “a una visione integrata dell’ambiente in cui l’uomo non sia solo lo sfruttatore della natura”. Bacchetta la politica “Le elezioni sono l’espressione della democrazia, e ben venga che vengano vissute con spirito democratico. Il rischio, tuttavia, è che si trasformino in una perenne divisione tra Guelfi e Ghibellini, mentre i problemi restano irrisolti”.

Irene Masciola del comitato “Uniamoci per l’acqua” sottolinea le battaglie portate avanti senza aver avuto risposta “E’ servita a poco la nostra mobilitazione, abbiamo incontrato il prefetto, sollecitato l’attenzione del Parlamento Europeo ma nulla è cambiato, malgrado gli annunci di piani straordinari di rifacimento delle reti,  Abbiamo ottenuto solo la votazione di un ordine del giorno in Parlamento. Chiediamo che questo tavolo sia uno strumento che garantisca trasparenza e partecipazione e continuiamo a chiedere nuovi investimenti nelle reti idriche. La nostra battaglia non si ferma.”

A prendere la parole è quindi Antonello Lenzi, presidente Alto Calore “Dobbiamo affrontare le problematiche che coinvolgono l’intero sistema del servizio idrico integrato, mettendo in campo una politica organica che coinvolga i contributi che possono offrire i vescovi, le idee delle associazioni e i contenuti che deve elaborare la politica stessa. In questo contesto, il gestore deve rappresentare il fulcro del sistema. Oggi ci stiamo attrezzando, anche con l’avvento del direttore generale, per riscrivere e ristrutturare l’Alto Calore, sebbene siamo ancora in una situazione di crisi. Ieri ho sentito qualcuno affermare che l’Alto Calore fosse stato salvato. In realtà, l’ente è ancora in concordato, poiché abbiamo sottoscritto un accordo con i creditori che dobbiamo rispettare. Abbiamo quindi bisogno del sostegno di tutto il sistema, vescovi compresi, affinché possiamo adempiere agli obblighi assunti”. Dice sì alla proposta del Consiglio pubblico dell’acqua “a patto di trovare una formula giuridica adeguata o magari facendone nella prima fase uno strumento a cui aderiamo. Se è vero che i controlli sono già previsti dalla normativa, siamo, invece, convinti che sia importante avere uno spazio di confronto con le comunità sulla direzione scelta e le strategie di risoluzione dei problemi messe in campo, così da garantire maggiore consapevolezza”.

Ribadisce come “Il problema delle reti idriche viene da lontano, molte delle conduttore hanno più di cento anni di vita. Ecco perchè paghiamo il prezzo di 100 anni di trascuratezza di un sistema o di mancata razionalizzazione nella gestione. E’ chiaro che la sfida è oggi è quella di fare impresa e al tempo stesso rispondere alle finalità del servizio. Dobbiamo fare i conti con la mancanza di strumenti adeguati come mappatura e telecontrollo, ecco perchè c’è bisogno di dotarsi di un piano industriale con risorse proporzionate agli obiettivi, di investire su sistemi elettronici di monitoraggio. La crisi non è finita, c’è ancora bisogno di sostegno finanziario”. Ammette come ci sia stata “una disattenzione della politica, della gestione, dell’opinione pubblico che ha permesso il logoramento delle infrastrutture ma ricorda come molte delle condutture idriche siano beni dei Comuni anche se è chiaro che Alto Calore è parte di un sistema che ha fallito”.

E’ quindi Antonio Di Gisi a salutare con favore la disponibilità del presidente Lenzi a partecipare al Consiglio pubblico dell’acqua  “Chiediamo però tempi certi nella stesura del protocollo e nell’avvio di questo percorso e garanzia sulla salvaguardia dell’acqua come bene pubblico”. Ricorda come “ogni impresa debba rispondere al principio di utilità sociale e dunque al rispetto della dignità umana, come non si possa prescindere da un piano di rifacimento delle condutture e da una lotta alla crisi climatica attraverso politiche di transizione ecologica”.



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