Sindrome della papera: cos’è, sintomi, cause, soluzioni

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“Tutto benissimo”. “Sto alla grande”. “Ho una vita stupenda”. “Mai stato meglio”. Sono le possibili risposte alla domanda “Come stai?” di chi soffre della sindrome della papera.

Il nome può suonare buffo, mentre nasconde un concetto serio. «L’espressione è stata coniata all’Università di Stanford, in California, uno degli atenei più prestigiosi al mondo», descrive la dottoressa Valentina Scoppio, psicologa clinica, psicoterapeuta e analista transazionale. «Gli osservatori avevano notato che il clima universitario di costante adrenalina e competizione creava una sensazione di forte disagio interiore negli studenti, che all’esterno si mostravano invece sereni, spensierati e con il pieno controllo della situazione».

Da qui è nata l’analogia con il comportamento delle papere: mentre nuotano nello stagno, le vediamo scivolare serene, per cui le associamo a un’immagine di tranquillità quasi bucolica, mentre sotto l’acqua le loro zampe si muovono freneticamente per consentirne lo spostamento. «All’ambivalenza fra quello che c’è sopra e sotto l’acqua ci si è ispirati per descrivere l’apparente serenità degli studenti di Stanford, coniando l’espressione “sindrome della papera”, tipica di chi si mostra felice e invece non lo è», commenta l’esperta.

Che cos’è la sindrome della papera

Quella della papera viene definita sindrome perché non rientra nelle classificazioni del “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, considerato la Bibbia della psichiatria, visto il larghissimo numero di psichiatri, medici e psicologi che lo utilizzano ogni giorno come riferimento per la loro attività clinica.

«Pur non essendo un disturbo conclamato, però, la sindrome della papera ha una sintomatologia piuttosto tipica, che permette ai professionisti di riconoscerne i tratti», tiene a evidenziare la dottoressa Scoppio.


Quali sono i sintomi della sindrome della papera

Le persone con sindrome della papera percepiscono l’ambivalenza tra ciò che provano e ciò che mostrano agli altri. «Solitamente sono professionisti con ruoli di prestigio, che devono gestire mille impegni e mantenere la loro buona reputazione, ma la stessa condizione può riguardare chiunque», sottolinea la psicologa.

A soffrirne sono soprattutto le donne, che fanno da “giocolieri” fra tanti settori, dovendo armonizzare lavoro, famiglia e vita privata in un’apparente serenità. «Il disagio è tutto interiore: la persona avverte una tensione costante, che porta a una mancanza di concentrazione, a sua volta responsabile di ulteriore stress», descrive la dottoressa Scoppio. «Così si innesca un continuo circolo vizioso, fatto di disturbi del sonno, irrequietezza, cefalee, calo di energia, timore del giudizio altrui, sensazione di essere sempre “sotto i riflettori”, ansia generalizzata».

È come se la persona indossasse il mantello di un supereroe e temesse di dismettere i panni di quel personaggio perché questo significherebbe perdere credibilità ed essere rifiutata. «A lungo andare, questo mantello può diventare una sorta di seconda pelle da cui non ci si riesce più a separare, che ci confonde sui nostri stati d’animo più autentici e ci porta a perdere di vista chi siamo veramente, esasperando al massimo la sensazione di mostrare fuori la quiete più assoluta mentre dentro si scatena la più grande delle tempeste» aggiunge la psicologa.

Quali sono le cause della sindrome della papera

Da qualche anno a questa parte, soprattutto con l’avvento dei social, ciascuno di noi ha la percezione di doversi sempre mostrare “al massimo”: performante, competitivo, felice, in forma, sulla cresta dell’onda.

«Chi cede a questo ricatto dei tempi moderni nasconde un’insicurezza nel potersi mostrare veramente, per quello che è, con le sue fragilità, le sue paure e i momenti di umana stanchezza», spiega la dottoressa Scoppio. «Le persone con la sindrome della papera non si danno questo permesso e non accettano l’idea di mostrarsi vulnerabili, perché credono che questo non le renderebbe più socialmente accettate».

Alla base potrebbe esserci un ambiente famigliare che ha iper responsabilizzato il bambino di un tempo, cullando in lui un forte perfezionismo, oppure che gli ha fatto sperimentare il cosiddetto riconoscimento condizionato (“tu vai bene se” anziché “tu vai bene a prescindere”). Nel secondo caso, anche da adulti, non ci si permetterà di fallire, perché quel fallimento verrebbe vissuto come una inadeguatezza umana: “sono io che non vado bene”.

Quali sono le conseguenze della sindrome della papera

Oltre alla sintomatologia interiore, la sindrome della papera comporta una non apertura autentica verso gli altri, a cui non si confessa mai “sono stanco”, “sono sotto pressione”, “dormo male” o “quella cosa non mi è riuscita”. E questo può portare alla rottura dei legami affettivi, famigliari o amicali.

«Talvolta, poi, per mantenere sempre alte le performance e contrastare il senso di esaurimento psicofisico si ricorre a droghe, energizzanti o sostanze eccitanti che agiscono come un doping sulla mente, ma possono danneggiare il corpo», evidenzia la dottoressa Scoppio. «Anche le auto di Formula 1 necessitano di pause durante le gare per il rifornimento di carburante, la sostituzione degli pneumatici, eventuali riparazioni o regolazioni meccaniche. Se i piloti non rispettano quei pit stop, possono essere guai. Lo stesso vale per noi: i momenti di cedimento fanno naturalmente parte di una vita di successo».

Cosa si può fare

Chi si rende conto di avere questa problematica può agire sul proprio benessere psicofisico, riorganizzando le proprie prestazioni in maniera più funzionale e rispettosa della propria umanità: rallentiamo il passo, curiamo il sonno, mangiamo sano, cerchiamo momenti di ricarica, condividiamo un po’ di tempo con persone di fiducia con cui poterci aprire ed essere onesti.

«Pensiamo ai palazzi antisismici, che vengono costruiti in maniera da oscillare per scaricare le scosse di terremoto, mentre quelli rigidi sono i primi a crollare», tratteggia la psicologa. «In un’ottica di salute, è fondamentale accompagnare i momenti di stress, accettare di essere stanchi, acconsentire che il corpo “oscilli” e necessiti di ritmi fisiologici che non possiamo alterare».

Inoltre, proviamo a immaginare la nostra vita come un pronto soccorso: non tutto quello che ci accade può essere da codice rosso, per cui impariamo a dare il giusto peso alle cose e ad assegnare loro le rispettive priorità. «Rivediamo anche il nostro concetto di perfezione, perché le altre persone sono più simili a noi di quanto immaginiamo. Forse anche loro mostrano solamente la punta dell’iceberg, nascondendo fallimenti e insicurezze. Dovremmo abbracciare di più il concetto di essere perfetti nelle nostre umane imperfezioni», riflette l’esperta.

Ovviamente, se il malessere è profondo ed è già sfociato in ansia, depressione o esaurimento, si rende necessario un percorso di psicoterapia.

Il consiglio in più

E se invece riconosciamo la sindrome della papera in qualcuno che conosciamo? Troviamo la corretta formula comunicativa per aiutarlo, che sia incoraggiante: «Dire a una persona che ha un problema finisce solo per farglielo negare e la allontana ancora di più», conclude l’esperta. «Molto più utile è dire qualcosa del tipo: vedo che sei molto performante, forse potrebbe esserti di aiuto fare un percorso per capire come mantenere questi standard così elevati mettendo da parte anche un po’ di energie, senza sovraccaricarti troppo».

Un consiglio per produrre di più (stile “massimo profitto al minimo costo”) risulterà più gradito e ascoltato.

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