Di Gianni Festa
L ’Irpinia sta scomparendo. L’agognato sviluppo per ora non esiste. Se ne parla fra addetti ai lavori. Tra coloro che da quasi mezzo secolo occupano il potere locale. Giocando a dama. Si spostano a seconda dei nuovi posti che si creano. Ma sono sempre gli stessi. Nomi che si ripetono, che si riempiono la bocca di parole come “riscatto”, “nuova stagione” e il vocabolario potrebbe essere ben nutrito. In realtà, per chi vive in questo pezzo di terra le cose stanno ben diversamente. I servizi sono allo sbando, i posti di lavoro subiscono un forte decremento, la fuga dei cervelli assume dimensioni catastrofiche, le grandi opere vivono di sospensione, in provincia come in città, la povertà aumenta, la cultura non abita più qui. Il paragone con le altre città della Campania vede l’Irpinia perdente. Benevento con Mastella ha fatto un salto di qualità straordinario in solo pochi anni, Salerno, con il governatore De Luca che dirotta i fondi in quella zona, sta attraversando una nuova primavera, mentre Napoli-Caserta si dividono il plenum delle risorse turistiche. E L’Irpinia e Avellino? Sprofondano. Anzi no. Vivono di feste e festini. C’è una risposta a tutto questo? Certamente. Bisogna però affidarla ad una riflessione onesta. La crisi di oggi (Rifiuti, acqua, Asidep, Piani di zona, ecc) cammina sulle gambe dell’attuale classe politica. Non dirigente. La differenza va fatta perchè è la politica ad esprimere coloro che, litigando, o insistendo nell’occupare incarichi, hanno condotto l’Irpinia vicina al baratro. Si tratta di personaggi di seconda e terza fila rispetto alla precedente classe dirigente che aveva quanto meno immaginato le strade dello sviluppo provinciale, raggiungendo un minimo di risultati. Di fatto chi guida oggi l’Irpinia, al netto delle Istituzioni burocratiche, sono personaggi che dire portaborse del passato sarebbe offendere la categoria. Si tratta, quasi sempre, di piccoli affaristi, trasformisti secondo le convenienze, personaggi onnipresenti nell’occupazione del potere a volte con quasi mezzo secolo sulle spalle. E sono proprio questi ad aver segnato la crisi della politica locale gestendo i partiti. In particolare ieri la Dc e oggi il Pd, come se fossero cosa loro. Queste le critiche, vediamo le proposte. E’ evidente che una generazione cresciuta in un certo modo, con i limiti che ha rispetto alla capacità di guardare alle grandi trasformazioni tecnologiche che sono avvenute, e altre che si annunciano, deve avere la sensibilità di lasciare spazio a menti che vivono gestendo le grandi novità essendone partecipi e protagonisti. Un cambio di passo che però non deve escludere chi ha maturato grandi esperienze negli incarichi ricoperti e può essere di auspicio per un nuovo e diverso impegno. E qui si fa spazio il concetto della selezione di una nuova classe dirigente che si crea dando spazio soprattutto ai tanti giovani che oggi rappresentano una maggioranza che dà vita alla fuga dei cervelli o, peggio ancora, occupa l’area delle devianze. I giovani di oggi, con le loro capacità e la loro fantasia, rappresentano una ventata di sostanziale rinnovamento della società se, però, si lascia loro la possibilità di provarsi sul campo. Il che oggi non è. Penso, ad esempio, al processo di digitalizzazione che riguarda moltissimi settori, o alla forma associazionistica con le cooperative o le start up che pure stanno dando esempi illuminanti. O ancora l’impegno con l’uso delle tecnologie che fanno riferimento alla questione ambientale che rappresenta uno dei problemi più importanti per la salvaguardia del pianeta. Investire in questi processi significa anche ragionare sulle possibilità di sviluppo moderno della società, guardando alle occasioni oggi in agenda come il polo logistico di Grottaminarda, di dare modernità ad un territorio conosciuto da chi lo vive e ne conosce le reali possibilità di sviluppo. Prima che esso muoia per il sopravvivere, con ostinazione di occupazione di potere da parte di forti egoismi individuali, che generano spopolamento e false illusioni di sviluppo.
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