Tachicardia e aritmia: quando preoccuparsi e cosa fare

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di Giorgia Martino

La tachicardia fa parte delle aritmie, ossia delle irregolarità del battito cardiaco. Con il termine “tachicardia” (dal greco tacùs, veloce e cardia, cuore) si fa riferimento a un cuore che batte troppo velocemente, ossia con una frequenza cardiaca che supera i 100 battiti al minuto. Ovviamente, non sempre una frequenza cardiaca veloce deve necessariamente preoccupare: basti pensare a quando il cuore accelera durante l’esercizio fisico o in risposta a qualche forma di stress. Tuttavia, quando si tratta di una tachicardia di origine patologica, se non trattata e riconosciuta in tempo, può portare a gravi problemi di salute, come insufficienza cardiaca o ictus.

Come funziona il cuore

Prima di elencare i vari tipi di tachicardia e come possono verificarsi, è necessario spiegare in modo molto semplice il funzionamento del cuore.

Il muscolo cardiaco ha 2 atri e 2 ventricoli, e il suo compito è quello di pompare per far circolare il sangue. Per pompare, a ogni battito riceve un impulso elettrico. I battiti, a loro volta, nascono nell’NSA (nodo seno-atriale), che si trova nell’atrio destro e che è formato da cellule che generano corrente. Le variazioni di un ritmo cardiaco normale spaziano tra i 60 e i 100 battiti al minuto.

Tipi di tachicardia: non sono tutte uguali

Vi sono vari tipi di tachicardie, a seconda della loro origine:

  • Fibrillazione atriale. Un’aritmia sopra ventricolare caratterizzata da un’attività atriale caotica e rapida: anziché contrarsi, le pareti degli atri sussultano (o “fibrillano”).
  • Flutter atriale. È simile alla fibrillazione atriale, ma in questo caso l’attività atriale, seppur veloce, è più ritmica e organizzata. La conseguenza peggiore della fibrillazione e del flutter atriale è l’ictus tromboembolico, che può verificarsi perché il cuore non si contrae in modo completo e il sangue, ristagnando negli atri, può coagulare formando trombi.
  • Tachicardia parossistica sopra ventricolare (Tpsv). Si tratta di aritmie che causano palpitazioni, ma che iniziano e finiscono bruscamente.
  • Tachicardia ventricolare. È un ritmo cardiaco che si origina nei ventricoli, ossia le camere inferiori del cuore. La tachicardia ventricolare mette il paziente a rischio di morte improvvisa, e in genere è a base ischemica.

Quando preoccuparsi?

Considerando che non tutte le manifestazioni di tachicardia sono necessariamente pericolose, abbiamo chiesto al dottor Francesco Vetta, cardiologo a Roma, quando è necessario correre ai ripari. «Una tachicardia non è preoccupante nel caso in cui non generi sintomi pericolosi, quali ad esempio sincope o mancamento, nonché nei casi in cui alla registrazione elettrocardiografica dinamica delle 24 ore non si evidenzino aritmie ventricolari o sopra ventricolari minacciose. Possiamo avere delle forme di tachicardia definite come tachicardia sinusale inappropriata, che possono essere fastidiose per i sintomi, ma che non sono minacciose per il paziente – spiega Vetta – Bisogna allarmarsi di fronte a quadri clinici importanti, quali l’arresto cardiaco o la sincope, nonché episodi di insufficienza cardiaca o di marcata ipotensione».

Le cause della tachicardia

Quali sono le principali cause di una tachicardia? «Le forme più comuni sono quelle sopra ventricolari, che possono manifestarsi a qualsiasi età, anche se alcune forme definite “da rientro” si manifestano più frequentemente in età giovanile e adulta, mentre altre associate a modificazioni strutturali cardiache (come la fibrillazione atriale) sono più frequenti nei soggetti anziani. Le aritmie ventricolari possono manifestarsi a tutte le età: nei soggetti più giovani risultano collegate principalmente a disturbi congeniti dei canali ionici cardiaci, mentre nei soggetti più anziani sono più comunemente collegate a cardiopatie strutturali spesso associate alla cardiopatia ischemica».

Le terapie per la tachicardia

Il soggetto che soffre di tachicardia può ricorrere a delle cure? «La terapia prevede innanzitutto il riconoscimento della causa – specifica Vetta – Nel caso di una cardiopatia ischemica, ad esempio, un intervento chirurgico di rivascolarizzazione potrà essere in grado di risolvere la tachicardia ventricolare».

Anche la terapia farmacologica risulta di grande aiuto, ma non solo. «Negli ultimi anni, una miglior conoscenza dei meccanismi delle aritmie, unitamente alle migliori risorse tecnologiche, ci ha permesso di trattare questo problema utilizzando una terapia non farmacologica, basata sullo studio elettrofisiologico endocavitario e sulle procedure di ablazione che ci permettono una cura risolutiva».

In alcune forme di tachicardia ventricolare sarà tuttavia necessario l’impianto di un defibrillatore in grado di salvare la vita al paziente.

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