La cronaca è finita da un pezzo, rimane la storia e bisogna evitare che si perda la memoria. Il 23 novembre non sarà mai una data come le altre per l’Irpinia, anche in un periodo come questo, tristemente segnato da una emergenza sanitaria mondiale. Eppure la sensazione è che, non solo a causa del Covid e delle nuove regole che ha imposto alla nostra vita, la memoria di quella tragedia e di ciò che ha rappresentato per la nostra provincia, vada affievolendosi. Sarà appunto per la contingenza del periodo o perché gli anni e le generazioni passano e con loro diminuisce la voglia di ricordare e raccontare a chi non c’era quello che ha rappresentato quella giornata per la nostra provincia. Sarebbe un errore gravissimo lasciar cadere nell’oblìo il ricordo di quel tempo, non fosse altro perché da lì è nata un’altra Irpinia sulla quale forse oggi si può cominciare, a quarant’anni di distanza, a dare un primo giudizio. La sensazione che la memoria di quella tragedia si stia dissolvendo è stata espressa da più di un esponente che, tra politica, cultura, scienza, volontariato e sport, abbiamo chiamato in causa per raccontare, meglio per ricordare questo anniversario. E se da un lato c’è la consapevolezza della memoria collettiva da salvaguardare, dall’altro c’è l’unanime riconoscimento di un valore che questa terra ha avuto ed ha mostrato a tutti a partire dai momenti immediatamente successivi alla scossa: il valore della solidarietà. E’ stato sicuramente un motivo di orgoglio sentirlo dire dai volontari che, arrivati da Nord, lo notarono subito mentre si provava a rendersi conto delle dimensioni del disastro. Una solidarietà che veniva da lontano, un retaggio antico non scalfito dalla violenza di un nemico che per novanta secondi aveva infierito sulla terra, trascinando via vite umani e sacrifici di una intera esistenza. Un tratto distintivo di questa terra che forse oggi si è perso nell’individualismo spinto e nell’egoismo sfrenato che connotano sempre più la nostra società, una ricchezza che rimane ancora patrimonio delle piccole comunità (e nemmeno di tutte).
Ma c’è, ovviamente, anche l’altra faccia della medaglia, il lato oscuro, grande o piccolo che sia, però c’è. La ricostruzione degli scandali, delle tangenti, delle inchieste giudiziarie, del fiume di denaro destinato all’Irpinia, spostato altrove, soprattutto a Napoli, delle risorse utilizzate (male) per l’industriallzzazione e cosi via. Ci sono stati processi, sentenze, atti parlamentari non si può far finta di nulla o girarsi dall’altra parte. Si poteva fare di più e meglio, qualcuno lo ha riconosciuto, e non v’è dubbio che tanti dei problemi che ancora oggi l’Irpinia si porta dietro siano figli di quelle scelte sbagliate, in particolare sulle strategie per lo sviluppo. Oggi, a distanza di quarant’anni, non è più tempo di processi e di ricerca di colpevoli (compito peraltro della magistratura), ma sicuramente è l’occasione per una riflessione serena che esalti le cose buone fatte (ci sono state), evidenzi le storture prodotte e consenta di fare un bilancio dell’Irpinia nata dopo il 23 novembre. Una data che nessuno dimenticherà mai, ma che rischia, per un amaro contrappasso, di non avere più memoria.