Traiettoria d’affetto, nei versi di Marano l’omaggio alla madre, luce sempre viva

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“Madre, l’origine che viene da te e/ dal padre regola ogni traiettoria”. Scrive così Michela Marano nella sua preziosa raccolta “Traiettoria d’affetto”, edizioni il Papavero, omaggio alla madre, che continua ad essere riferimento e guida, malgrado la sofferenza del distacco “Non ha spiegazione questa solitudine/di cui sono testimone e spesso non so/darmi pace ma resto sempre/con un cuore intero/anche se una parte remota riposa con voi”. Poichè è la madre ad aver tracciato la direzione della propria vita, è la madre a custodire la propria giovinezza “per te che disegni il punto acuto dell’amore”.

Versi preceduti da una toccante lettera che si fa strumento per comprendere meglio quello che è a tutti gli effetti un poemetto d’amore “Ti dico apertamente che il fitto parlare di alcuni giorni è servito a nutrire e temperare la mia indole”. Un’indole solitaria per la quale la scrittura è diventata salvezza “Perchè tu lo hai sempre saputo, io sono alleata di quelle forme in via di estinzione. Vado sempre nella parte opposta….Questo nostro mondo ha nascosto l’energia che ci serve, che serve a tenerci bene in vita, a preservarci. Ti preoccupava la mia indole, il mio indugiare nel mondo corrente brulicante di apparenze”. Una lettera che è anche una confessione “io sono rea confessa, a voce alta dichiaro la mia colpevolezza, il distanziamento dallo sfiancamento dell’odierno, dalle false credenze del presente”. E la certezza che per andare avanti non c’è altra strada che ‘farti visita’ “Ogni volta i tuoi gambi di rosa mi feriscono, pungono le mie dieta ma è un modo necessario per ancorarmi alla vita, per dirmi che la vita continua e forte”. Poichè “Se c’è un luogo dove si smarrisce/il frastuono delle ipocrisie/è dove sei tu madre/Oggi mi rinfranca farti visita e portarti il breve sussurrare dei poeti”. Ed è costante la ricerca dei segni di un legame che continua dopo la morte “Madre, io cammino lungo/il bordo della tua assenza….Mi sfiora lieve il vento di aprile/scuote il tacere del giorno/sono certa, è la tua carezza”

La consapevolezza è che l’assenza è diventata presenza “Ti trovo sempre lungo il mio cammino/puro avamposto materno/Non ti ho mai perso/resiste questo filo sottilissimo/che tiene la nostra conversazione/Tu  sei l’origine/tu sei il continuo”. Con la convinzione che “Io parlerà ancora a te/ con il vigore del venire al mondo/con l’innocenza del primo sguardo/con la fiducia delle prime carezze/per superare ogni confine”.”Il nostro dialogo interiore/e metafisico, non si è mai interrotto/non ci sono pause nel/silenzio materiale delle pietre” Nè la fine dei versi e del canzoniere potrà mettere fine a questa conversazione senza fine tra il finito e l’infinito “La conclusione dei miei versi non chiude il mio/parlarti/Quello ci sarà sempre….E io ti ascolterò come quando mi/chiamavi a te/e chiedevi con voce decisa e acuta/del mio andare sempre dalla parte/opposta”


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