La notizia di ieri, divulgata con grande risalto da tutti i canali di comunicazione, del comizio della poliziotta No pass – a Piazza San Giovanni di Roma, nel corso di una manifestazione dei “No Green Pass” – ha suscitato non poche reazioni ed ha ingenerato degli interrogativi sul senso dell’appartenenza ad un servizio pubblico di primaria rilevanza come quello della Polizia di Stato. Senso di appartenenza certo, ma più esattamente “dovere dell’appartenenza”. Va subito premesso, frattanto, che non sono accettabili le precisazioni dell’interessata che porla come “libera cittadina”, quando pochi secondi prima del suo comizio era stata presentata al pubblico come “dirigente della Polizia di Stato”. Infatti la quarantatreenne Nunzia Alessandra Shillirò è vice questore con un significativo passato nella Squadra Mobile di Roma e, attualmente, in forza alla “Criminalpol”. A questo clamoroso episodio di contestazione Green Pass si somma la lettera ai suoi alunni di un insegnante con parole certamente non a favore dello stesso Green Pass. Allora una prima riflessione: se appartenenti alla Polizia di Stato o docenti della Scuola Statale, in un momento ancora difficile per la salute collettiva, pubblicamente e con l’uso di scritti a destinatari facilmente influenzabili, si dichiarano contro il Green Pass, a parte il comprensibile disorientamento sulla complessa materia, che immagine hanno dato delle due fondamentali istituzioni, pilastri portanti con specifica funzione, di tutto il tessuto comunitario di un Paese civile e democratico come l’Italia? In particolare che fine ha fatto il “dovere dell’appartenenza” di chi avrebbe peculiari funzioni educative e di prevenzione della devianza sociale? Senso di appartenenza, va subito sottolineato, che non significa facile ed automatica adesione ad un dovere imposto: nel caso in esame stiamo parlando di significative funzioni educative che sono basilari per la crescita integrate e l’autodeterminazione delle persone, soprattutto in momenti particolarmente difficili nei quali i comportamenti singoli interagiscono inevitabilmente con quelli degli altri. Quelle delle due signore è solo protagonismo? Se la risposta è positiva sarebbe un protagonismo irresponsabile, senza confini e senza pensiero perché non basato su postulati ideologici o settarismi di partito, ma direttamente provenienti dalle specifiche funzioni delle due stesse signore. Pertanto il perimetro eziologico dei due comportamenti investe la Polizia di Stato e la Scuola. Per la prima non saranno certamente i preannunciati provvedimenti disciplinari a rimuovere dalle radici le cause generatrici del discusso comportamento di una dirigente con una positiva capacità di servizio e un livello certamente di notevole spessore, intendo riferirmi agli studi compiuti. Nel secondo caso non sarà sufficiente la deplorazione del dirigente scolastico della struttura di appartenenza dell’insegnante. Penso, ahimè, ai genitori degli alunni destinatari della missiva: che concetto se ne faranno di una scuola “comunità educante” che dovrebbe costantemente e positivamente interagire con le famiglie per la crescita umana, sociale e culturale degli alunni? Solo un coordinato e corale risveglio per un cammino progettuale comune può essere la strada maestra da intraprendere.
di Gerardo Salvatore
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