Per i malati di diabete la notizia rappresenta una svolta non solo nel trattamento farmacologico ma anche in tutto ciò che comporta come gestione e organizzazione della quotidianità. La Commissione Europea ha autorizzato la prima insulina settimanale al mondo, indicata per il trattamento del diabete negli adulti.
Il farmaco è progettato per coprire il fabbisogno nell’arco di sette giorni con una singola iniezione sottocutanea. Questo significa che in un anno si passerebbe da un minimo di 365 iniezioni a 52, con un risparmio anche in termini di siringhe utilizzate.
La gestione della terapia insulinica
La terapia insulinica è prescritta ai pazienti con diabete di tipo 1, circa il 10% dei 4 milioni di italiani affetti da questa patologia, e ad alcuni pazienti con diabete di tipo 2. Prevede la somministrazione del farmaco almeno una volta al giorno.
La gestione della terapia ha un impatto sulla sfera sociale, lavorativa e psicologica delle persone diabetiche e delle loro famiglie. La malattia, infatti, deve essere monitorata quotidianamente e questo comporta la necessità di programmare l’intera giornata in base alla terapia. Il che può rappresentare un ostacolo importante in termini di qualità di vita e di adesione alla terapia.
I dati mostrano che il 50% delle persone con diabete, che necessitano di terapia insulinica, ritarda di oltre due anni l’inizio del trattamento, con ripercussioni sull’evoluzione della malattia e delle sue complicanze.
Una rivoluzione per chi soffre di diabete
Angelo Avogaro, presidente SID (Società italiana Diabetologia), ha definito l’introduzione dell’insulina settimanale «la prima rivoluzione per le persone con diabete» e adesso si aspetta che «gli enti regolatori ne garantiscano in tempi rapidi la disponibilità».
Questa novità, inoltre, avrebbe risvolti anche dal punto di vista dell’impatto ambientale, visto che ridurrebbe il numero di siringhe utilizzare e taglierebbe i costi per il Sistema Sanitario Nazionale.
In base alle rilevazioni Istat, in Italia oltre 4 milioni di persone soffrono di diabete, con un trend in progressivo aumento. Il diabete colpisce il 21% degli over 75. La prevalenza cresce con l’età (è del 2% nelle persone con meno di 50 anni e sfiora il 9% fra quelle di 50-69 anni). È più frequente fra gli uomini che fra le donne (5,1% vs 4,2%) e nelle fasce di popolazione socio-economicamente più svantaggiate per istruzione o condizioni economiche.
Le persone affette da questa patologia presentano un rischio elevato di complicanze macrovascolari, ovvero di malattie cerebro e cardiovascolari, rispetto alla popolazione non diabetica e, in generale, hanno un’aspettativa di vita ridotta.
Nel 2021 in Europa oltre 1,1 milioni di decessi sono stati causati dal diabete, che rappresenta la quarta causa di morte nell’Unione Europea.
Diabete, i fattori di rischio
Il diabete tipo 1 è di origine autoimmune. Le cellule pancreatiche che producono insulina vanno incontro a una progressiva autodistruzione, non riuscendo così più a controllare i livelli di zucchero nel sangue. Gli anticorpi responsabili di tale autodistruzione sono probabilmente prodotti in risposta a un virus o ad agenti tossici ambientali.
Il diabete tipo 2, invece, è dovuto ad alterazioni genetiche ed epigenetiche (cioè fattori ambientali) e presenta un decorso lento. Il deficit di insulina risulta meno grave rispetto a quello tipico del diabete di tipo 1. È il più comune. Solo un 5% circa della popolazione presenta diabete tipo 1.
I fattori di rischio del diabete di tipo 1 sono familiarità, la presenza di altre malattie autoimmuni, come ad esempio artrite reumatoide, vitiligine. I fattori di rischio del diabete di tipo 2 sono fondamentalmente sovrappeso e obesità, mancanza di esercizio fisico, ipertensione arteriosa, alterazioni del metabolismo dei grassi (basso livello di colesterolo HDL e/o alti livelli di trigliceridi) e abitudine al fumo.
Il diabete, nella maggior parte dei casi, non è una malattia ereditaria ma esiste una esiste una predisposizione genetica, soprattutto nel caso del tipo 2. Quindi chi ha un genitore o parenti di primo grado diabetici è esposto a un maggior rischio di sviluppare la malattia.
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