Vaccini antiCovid: che cos’è l’mRna e come agisce

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Dopo due anni di pandemia l’mRna è diventato una sigla familiare, anche se ancora in tanti lo guardano con sospetto. «Una delle obiezioni più frequenti è che non conosciamo gli effetti a breve o a lungo termine dei vaccini che lo utilizzano per la prima volta», commenta il dottor Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm). Ma occorre precisare che prima ancora di essere il grande protagonista della strategia vaccinale contro il SARS-CoV-2, l’mRna è una molecola naturalmente presente nel nostro organismo, dove svolge un ruolo fondamentale per la stessa sopravvivenza.

Come funziona l’mRna

«Ogni cellula del corpo ha in dotazione un manuale di istruzioni che spiega come costruire organi e tessuti, ma anche come far funzionare tutto a meraviglia. Questo manuale si chiama Dna e ogni volta in cui una cellula deve accedere a qualche informazione fa un po’ come noi su Wikipedia: cerchiamo l’argomento che ci interessa e leggiamo quella singola pagina. Allo stesso modo, le cellule devono aprire un certo “pezzo” di Dna, di cui però esistono solo due copie per ogni cellula, una ereditata dalla madre e una dal padre. Ciò significa che i vari abitanti delle cellule non possono consultare direttamente il Dna: è come se migliaia di persone volessero sfogliare contemporaneamente le uniche due copie di un libro in biblioteca. L’mRna risolve questo problema, perché ai tanti richiedenti vengono distribuite migliaia di fotocopie delle istruzioni contenute nel manuale principale. Non a caso, l’mRna si chiama messaggero perché trasmette proprio il messaggio del Dna al resto della cellula, che a quel punto impara come produrre le proteine, strumenti essenziali per mantenerci in vita e rispondere adeguatamente agli stimoli esterni e interni», spiega l’esperto.

«Ogni secondo, le nostre cellule generano migliaia di “fotocopie” che, una volta assolto il loro compito, possono essere buttate, per cui vengono degradate da alcuni enzimi», spiega il dottor Maga. Alla stessa sorte va incontro anche l’mRna introdotto con i vaccini anti-Covid: «Questo dovrebbe tranquillizzarci circa i loro possibili effetti collaterali a lungo termine», commenta l’esperto. «L’mRna vaccinale rimane nel nostro organismo per pochissimo tempo, qualche giorno al massimo, giusto il tempo di passare il suo messaggio ai ribosomi, affinché il sistema immunitario possa vedere la “foto segnaletica” del virus ricercato e imparare a riconoscerlo, catturarlo e consegnarlo alla giustizia». L’organismo lo memorizza e, non appena lo incontra, sa instaurare un efficace sistema di difesa grazie ai suoi cacciatori di taglie (gli anticorpi), che intervengono per neutralizzarlo. Quella dell’mRna, dunque, è una presenza effimera nel nostro corpo (meno invadente di tanti farmaci che vengono assunti quotidianamente, a volte per tutta la vita) e in quel breve lasso di tempo non c’è pericolo che riesca a modificare il Dna, rendendoci organismi geneticamente modificati: «L’Rna messaggero introdotto con la vaccinazione non può entrare nel nucleo delle cellule dove è conservato il Dna, perché è fatto per stare nel citoplasma, quella sostanza acquosa e viscosa che circonda il nucleo. E anche se ipoteticamente entrasse, non potrebbe accedere al nostro libro di istruzioni perché è scritto in una lingua diversa: mRna e Dna, infatti, hanno delle differenze chimiche. Ciò significa che mRna e Dna non possono incontrarsi e tantomeno mescolarsi».

Perché l’mRna è sicuro

«Lungi dall’essere una novità, l’Rna messaggero è stato scoperto più di mezzo secolo fa, precisamente nel 1961, mentre alla fine degli anni Novanta sono iniziate le ricerche su come poterlo riprodurre in laboratorio e poi “consegnare” alle cellule come una sorta di telegramma che contiene precise istruzioni», racconta il dottor Maga. «Dunque, i vaccini a mRna non sono poi così nuovi, perché da circa trent’anni i ricercatori li stanno studiando, sperimentando e perfezionando. Certo, quelli anti-Covid sono i primi approvati per uso umano, ma le conoscenze su cui si basano sono robuste».

Ovviamente, l’mRna dei vaccini è sintetico, e quindi viene creato in laboratorio, ma si ispira in tutto e per tutto a quello originale presente nel virus, che fornisce le istruzioni su come costruire la proteina Spike, quella struttura che forma una sorta di corona sulla superficie del SARS-CoV-2 e gli consente di agganciarsi alle nostre cellule per penetrare al loro interno e infettarle: «In pratica, è come se i ricercatori riuscissero a decifrare le lettere che compongono il telegramma e lo riscrivessero con qualche piccola modifica, selezionando solo alcune istruzioni fra le tante. Questa scrematura rende il vaccino più efficiente e sicuro, perché evita che il sistema immunitario inneschi una risposta infiammatoria». Fatte le dovute modifiche, l’mRna viene incapsulato all’interno di minuscole sfere di grasso, simili a quelle presenti sulla superficie cellulare, in modo che queste possano fondersi con la membrana e penetrare nella cellula: «Solo così l’mRna può superare le difese naturali dell’organismo senza essere distrutto prima di aver trasmesso il messaggio».

Nuove prospettive di cura

Lo scorso ottobre, l’immunologa inglese Lynda M. Stuart ha dedicato una vera e propria ode ai vaccini a mRna sul The New England Journal of Medicine, il giornale di medicina più famoso al mondo. Il suo articolo, intitolato In Gratitude for mRNA Vaccines, racconta come prima del 2020 servissero dai dieci ai quindici anni per ottenere un vaccino efficace, fatta eccezione per quello contro la parotite che è stato sviluppato in quattro anni, mentre la tecnologia a mRna ha accorciato i tempi a undici mesi. Un’impresa straordinaria.

«C’è di più», tiene a precisare il dottor Maga. «L’idea di base, cioè quella di trasformare le cellule in una fabbrica di farmaci su richiesta sfruttando le informazioni trasmesse da un mRna prodotto in laboratorio, apre nuove prospettive per il futuro». Non parliamo solo di vaccini, ma anche di strumenti capaci di attivare il sistema immunitario contro diverse malattie. «Oncologiche, ad esempio. Quando una cellula sana si trasforma in cellula tumorale, questa diventa “estranea” all’organismo e stimola una risposta immunitaria, che non sempre però è sufficiente per sconfiggere la patologia. Siccome oggi è possibile capire quali proteine alterate esprime ogni neoplasia, si punta a creare degli mRna che impartiscano istruzioni su come aggredire parti specifiche delle cellule tumorali», conclude Maga. Ma nel mirino ci sono anche malattie infettive come malaria, tubercolosi e Hiv, così come patologie autoimmuni dove è necessario calmare le difese iper reattive.

I ricercatori ora sono allo studio di vaccini anti-Covid dove l’mRna impartisca le informazioni necessarie per riconoscere non solo la Spike, ma anche un’altra proteina, scelta magari fra quelle meno soggette a mutazioni. In questo modo, la risposta immunitaria dovrebbe risultare più efficace anche in vista di nuove varianti.

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