Vulvodinia tra le malattie croniche e invalidanti

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Grazie al lavoro delle Associazioni e all’outing di personaggi famosi, qualcosa sta cambiando nei confronti della vulvodinia, di cui soffre oggi oltre il 15% delle donne. E infatti, di recente la Regione Lazio ha approvato una mozione per farla riconoscere tra le malattie croniche e invalidanti

La condivisione è il contrario della solitudine, scrive Giorgia Soleri su Instagram. Giorgia è modella, influencer, fidanzata di Damiano dei Maneskin, e ha deciso di utilizzare i social per parlare della sua malattia: la vulvodinia. E a ringraziarla di questo sono in molte. Ne soffre all’incirca il 15% delle donne, soprattutto in età fertile, secondo i dati ufficiali, ma probabilmente sono molte di più. Già, perché spesso sono state considerate paranoiche, nevrotiche, tanto da sopportare in silenzio il dolore, così intenso talvolta da rendere impossibile anche il semplice contatto con un indumento, figuriamoci un rapporto sessuale.

Oggi, grazie alle Associazioni, all’outing di personaggi come Giorgia Soleri, qualcosa sta cambiando: lRegione Lazio ha recentemente approvato all’unanimità una mozione per far riconoscere la vulvodinia tra le malattie croniche e invalidanti (vedi ultima parte dell’articolo). Non è poco. Perché la vulvodinia è diventata per tutti e non solo per chi ne soffre, una malattia reale.

Che cos’è la vulvodinia

La vulvodinia inizia silenziosamente. Si crea uno stato di infiammazione che se non viene tempestivamente curato, nell’arco di quattro mesi diventa cronico. Da qui, l’attivazione delle vie del dolore. «La vulvodinia può essere generalizzata all’intera vulva o localizzata in aree specifiche come il vestibolo vaginale, il clitoride, oppure presentarsi in forma mista, cioè localizzata e generalizzata», spiega Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica dell’ospedale San Raffaele Resnati di Milano. «Con un dolore che spesso viene definito bruciante, insopportabile e a volte così severo già all’inizio della penetrazione, da rendere impossibile il rapporto sessuale».

Le cause della vulvodinia

Oggi si conoscono alcuni dei fattori che sono responsabili della vulvodinia grazie a uno studio recente, Il progetto Vu-Net (Vulvodynia Network project) che ha coinvolto 22 Centri italiani che si occupano di vulvodinia. «I risultati di questo studio sono importanti perché invitano il medico ad ascoltare l’alfabeto del corpo», continua la professoressa Graziottin, prima autrice dello studio. «È essenziale infatti la visita clinica per focalizzare i punti del dolore, ma anche il colloquio, per evidenziare disturbi pregressi. Solo così è possibile definire il progetto di cura». I risultati dello studio parlano da sé.

Dal questionario che è stato consegnato alle donne coinvolte, è risultato che 7 su dieci soffrono di cistiti ricorrenti, oltre 3 su dieci ha una candida recidivante. «È emerso anche che il 17% delle pazienti soffre di allergie alimentari oppure respiratorie e questo spiegherebbe la risposta infiammatoria esagerata che si verifica talvolta in caso di vulvodinia», aggiunge la professoressa Graziottin. «Oltre tre su dieci invece hanno una familiarità per diabete, un dato da non sottovalutare. Anche se non hanno ancora un diabete conclamato, potrebbe già esserci un metabolismo alterato e questo potrebbe collegarsi al dato di incidenza sulla candida: gli zuccheri sono il nutrimento principale del lievito Candida albicans e la loro assenza impedisce al fungo di sopravvivere. Infine, altro dato da non sottovalutare, oltre 9 su dieci hanno dichiarato di avere problemi intestinali, quali stitichezza e sindrome dell’intestino irritabile. Qui, c’è un’alterazione del microbiota intestinale, spesso a causa di un uso esagerato di antibiotici, come accade spesso nel caso delle cistiti ricorrenti».

Come si cura la vulvodinia

La terapia è complessa e richiede un grande impegno, ma è uno sforzo che ripaga: oltre 8 donne su dieci oggi risolvono la vulvodinia. «È necessario innanzitutto un cambiamento nello stile di vita», dice la professoressa Graziottin. «L’alimentazione deve essere quella mediterranea, con una riduzione drastica degli zuccheri con glucosio e saccarosio, a favore di piccole quantità di fruttosio e di miele. Inoltre, vanno eliminate tutte le bevande alcoliche. Va anche privilegiato il movimento, con 45 minuti al giorno di camminata veloce. In questo modo, agiamo sui fattori che possono aumentare il rischio di candida. Inoltre il movimento incrementa i livelli di endorfine, serotonina e dopamina, cioè delle sostanze analgesiche prodotte dall’organismo, con riduzione dei segnali dolorosi».

La terapia prevede anche farmaci e integratori. «In caso di esercizi per rilassare i muscoli del pavimento pelvico, viene in aiuto lo psicofarmaco diazepam in crema da applicare in vagina. Mentre in caso di candida recidivante, se necessario, viene prescritto un antimicrobico. Lo stesso viene fatto in caso di cistite recidivante. Niente antibiotici però ma il d-mannosio, un integratore mirato proprio alla risoluzione delle forme più gravi. Se inoltre dal colloquio con la paziente emerge un uso eccessivo di antibiotici, la terapia prevede anche un ciclo con probiotici, per riequilibrare la flora batterica alterata. Non mancano poi le sostanze per aiutare a spegnere l’infiammazione, come le resolvine, estratti degli omega 3, e l’acido alfa lipoico».

Sì anche ad antidepressivi con effetto antinfiammatorio a livello del sistema nervoso centrale, come il principio attivo amitriptillina, e agli antiepilettici che riducono la trasmissione del dolore, quando è molto intenso. «Sono cure da seguire sotto stretto controllo medico e che vanno man mano scalate», conclude la professoressa Graziottin. «I cambiamenti nello stile di vita però devono essere mantenuto, per prevenire eventuali ricadute».

Il riconoscimento dallo Stato

Risale al 20 maggio 2021 la proposta di legge per il riconoscimento della vulvodinia da parte del Servizio Sanitario Nazionale e dello Stato. Ma i punti da sviluppare erano ancora molti. Da qui, l’Istituzione di un Comitato che racchiude tutte le Associazioni che si occupano di vulvodinia e di neuropatia del pudendo, patologia caratterizzata da dolore cronico nella zona pelvica causata dall’infiammazione del nervo pudendo, specialisti e pazienti. Il 12 novembre dello scorso anno è stata quindi presentata una nuova proposta di legge, nell’ambito di un Convegno politico. A parlare è stata anche Giorgia Soleri, che ha postato il suo intervento sulla sua pagina instagram. La proposta di legge prevede, per citare solo alcuni dei punti, il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo nei Livelli Essenziali di Assistenza come malattie croniche e invalidanti, l’individuazione di un presidio pubblico specializzato in ogni regione, l’accesso agevolato al telelavoro e allo smart working per lavoratrici e lavoratori e un incremento dei permessi per malattia in base alla gravità della patologia.

In attesa, sono in corso i lavori in ogni singola Regione. I risultati si iniziano a vedere. A febbraio 2022 la Regione Lazio ha approvato all’unanimità una mozione che la impegna a valutare l’inserimento delle due sindromi nei LEA regionali, oltre a individuare presidi sanitari pubblici specializzati, ad assicurare la corretta formazione medica e a promuovere campagne di sensibilizzazione e prevenzione a partire dalle scuole.

Le associazioni per la vulvodinia

Certo, non è semplice trovare lo specialista giusto e lo dimostrano le lunghe attese tra inizio dei dolori e diagnosi: oltre quattro anni in media. Per questo, le Associazioni hanno creato anche pagine ad hoc sui loro siti, con gli elenchi di Centri ospedalieri specializzati in vulvodinia. 

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